Lorenzo Vitturi, un viaggio fra rappresentazione e realtà
Nel lavoro dell’artista veneziano la fotografia è concepita come uno spazio di trasformazione, dove le differenti discipline si fondono assieme per rappresentare una sempre più complessa realtà urbana.
L’artista veneziano Lorenzo Vitturi, porta la sua esperienza di pittore di scenografie cinematografiche, all’interno della propria pratica fotografica, basata su interventi site-specific al confine tra la fotografia, la scultura e la performance. Nel suo lavoro la fotografia è concepita come uno spazio di trasformazione, dove le differenti discipline si fondono assieme per rappresentare una sempre più complessa realtà urbana. Vitturi ha esposto presso The Photographers’ Gallery a Londra, il museo Foam ad Amsterdam, presso la Galleria Yossi Milo di New York, la Contact Gallery di Toronto ed il CNA in Lussemburgo. Ha anche partecipato a diverse mostre collettive presso il Maxxi di Roma, il Centre Georges Pompidou di Parigi, La Triennale di Milano, il museo d’Arte di Shanghai.
“Solo lo Stupore Conoscenza” è una scultura situata a Gagliano del Capo, la prima installazione pubblica permanente di Vitturi e l’opera inaugurale di una serie di commissioni artistiche per il progetto Capo d’Arte in Italia. La scultura, collocata nella “Villetta” di Via Roma, è il risultato delle impressioni dell’artista raccolte durante il suo soggiorno a Gagliano e si arricchisce delle contaminazioni delle sue esperienze a Venezia e in Perù. L’opera ha preso vita dal riutilizzo di un palo metallico preesistente, che è stato ridipinto e adornato con forme metalliche colorate realizzate dal fabbro locale e disegnate da Vitturi, inclusi elementi figurativi e un canestro da basket. Pur facendo rivivere un oggetto senza valore per un nuovo uso ludico, l’opera è un invito a ricercare l’eccezionale nell’ordinario.
Il titolo – da una frase del teologo del IV secolo Gregorio di Nissa: “I concetti creano idoli. Solo lo stupore lo sa” – è un invito a sorprendersi, e a considerare come un semplice gesto o uno sguardo possano trasformare l’elemento più ordinario in qualcosa di magico ed etereo. Il progetto è stato commissionato dal curatore Massimo Torrigiani nell’ambito della IX edizione di Capo d’Arte, un programma no-profit per la promozione dell’arte e della cultura contemporanea nella regione del Salento, nel Sud Italia.
Dalston Anatomy è una celebrazione visiva del mercato di Ridley Road nell’East London. Il progetto è stato presentato per la prima volta nel 2013 come un libro fotografico, una performance della durata di un mese e installazioni. Vitturi ha riconosciuto il mercato come un luogo unico in cui coesistono comunità e culture diverse e ha deciso di catturare l’energia e le tracce di questo luogo prima che si trasformasse in modo irriconoscibile.
Avendo vissuto nella zona per sette anni, Vitturi visitava quotidianamente il mercato e testimoniava che la comunità locale, la sua economia e la natura stessa del mercato cambiavano intorno a lui con sorprendente accelerazione. Da questo complesso processo di trasformazione nasce la compulsione di Vitturi a collezionare e raffigurare oggetti e persone incontrate al mercato. I materiali organici sono stati lasciati a marcire, manipolati con pigmenti o decostruiti e poi riorganizzati in composizioni e fotografati contro materiali di scarto del mercato prima e dopo il loro collasso. L’effimero di queste sculture rispecchia la natura impermanente di un quartiere in rapido cambiamento, mentre la loro reintroduzione nello spazio espositivo come immagini fotografiche, consente riflessioni su cicli costanti di produzione, distruzione e ricreazione.
Caminantes (2017-) è un progetto in corso che combina fotografie e sculture. Con un approccio fisico che abbraccia la magia e il rituale, Vitturi esplora le questioni dell’ibridità culturale attraverso una lente personale. Il punto di partenza della serie è il patrimonio misto di Vitturi e un evento che appartiene alla storia della sua famiglia: un viaggio che ha permesso ai suoi genitori di incontrarsi. Negli anni ’60, suo padre attraversò l’Oceano Atlantico per aprire una fabbrica di vetro di Murano in Perù, dove incontrò la madre di Vitturi. In Caminantes il viaggio non è solo un mezzo per riscoprire le radici personali. È anche l’iniziatore di un processo di scambi personali attraverso il quale possono emergere narrazioni diverse. Immagini e sculture comprendono oggetti e materiali che Vitturi ha selezionato durante i suoi viaggi tra i due paesi. Questi materiali includono vetro di Murano, tessuti peruviani, sostanze della terra e del paesaggio e materiali di spedizione. Combinati in sculture e arrangiamenti, questi elementi incarnano un simbolismo che parla sia di storie personali che di culture locali.
Vitturi incorpora anche il proprio corpo nelle composizioni. Avvolto come un pacco da viaggio, è presente – eppure rimane invisibile. Mentre alcune immagini richiamano schemi ed elementi familiari, altre sembrano più sinistre, strane, come se emergessero da regni sconosciuti. Combinando materiali familiari, corpi ibridi e materie invisibili, Vitturi esegue la visibilità; evoca l’impuro.
Antropocene è il risultato di una riflessione sul rapporto tra uomo e natura, poiché propone – in linea con la pittura naturalistica del XVI secolo – un sistema simbolico in grado di visualizzare l’intersezione tra queste due dimensioni. Fino agli inizi del XX secolo la natura era rappresentata come uno spazio puro e incontaminato, animato da forze incontrollabili. Oggi, dopo solo un secolo, la natura si rivela un sistema fragile, la cui sopravvivenza dipende fortemente da un’antropizzazione sempre più pervasiva e distruttiva. In un contesto del genere, dove equilibri e regole vengono ribaltati, come possiamo ancora rappresentare la natura e gli uomini? La natura sta perdendo le sue caratteristiche, mentre l’uomo assume sempre più il controllo sull’intero ciclo della vita. Partendo da questo paradosso, il progetto di Vitturi si compone di una serie di immagini in cui le installazioni realizzate all’interno di un luogo abbandonato giocano un ruolo centrale. In queste visioni la mise en scène diventa uno strumento per simulare la Natura, che appare meno autentica e anzi un prodotto culturale. Ogni immagine è il risultato di un meticoloso processo di scenografia e composizione scultorea, realizzata con materiali da costruzione, resti industriali, pigmenti naturali e piante finte.