Giorgia Lupi, un approccio umanistico ai dati che diventano arte
Le sue opere originalissime trasformano i dati complessi in rappresentazioni visive accessibili e coinvolgenti, permettendo al pubblico di comprendere meglio l’impatto delle attività umane sull’ambiente e la salute.
di Vittorio Zenardi
Giorgia Lupi è un’artista, information designer e advocate for data humanism co-fondatrice e direttore di Accurat, studio di data-driven design con sedi a Milano e New York. È autrice in collaborazione con Stefanie Posavec, di Dear Data, un progetto in cui con la collega, ogni settimana, per un anno, scegliendo un tema comune (momenti di felicità, relazioni, amicizie… ) si raccontano la propria giornata, disegnando una cartolina da spedire all’altra. Il fronte della cartolina era una visualizzazione a mano libera di questi dati, (unica regola non usare mai parole scritte) e il retro, oltre ovviamente all’indirizzo, era una legenda per decifrare il disegno. Questa idea è divenuta un libro che ha avuto un successo inimmaginabile, in migliaia da tutto il mondo stanno sperimentando questo modo di lavorare coi dati, anche classi di bambini. Il nucleo originale di card che compongono il libro è stato acquisito nella collezione permanente del MoMA.
“Plastic Air“
La plastica fluttua nell’aria intorno a noi e quando la smaltiamo si degrada in pezzi sempre più piccoli chiamati microplastiche, che poi finiscono nell’aria che respiriamo. Con il team di Pentagram (probabilmente la più importante agenzia creativa indipendente del mondo) la Lupi ha concettualizzato, progettato e sviluppato “Plastic Air”, un’esperienza interattiva basata sul web che ha vivificato un tipo di inquinamento di cui la maggior parte delle persone non sa nemmeno che esista. Il progetto è stato sviluppato in collaborazione con Google Arts & Culture e pubblicato in concomitanza con la Giornata della Terra 2021. “Plastic Air” fa parte di “Heartbeat of the Earth”, una serie di esperimenti online di artisti che interpretano i dati del pianeta, lanciati da Google in collaborazione con la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc). Anche la Fondazione Creativi Italiani con la proposta della “Scuola della Terra” nata per iniziativa della Presidente Dott.ssa Vanna Fadini, si inserisce nel quadro programmatico dell’EUROPEAN GREEN DEAL (https://ec.europa.eu/info/strategy/priorities-2019-2024/european-green-deal_en) in particolare per quanto riguarda lo sviluppo del vettore FARM TO FORK STRATEGY ( https://ec.europa.eu/food/horizontal-topics/farm-fork-strategy_en ). Per iniziare il progetto, l’artista ha intervistato diversi importanti ricercatori atmosferici e ha fatto riferimento a studi esistenti per identificare i set di dati che avrebbero potuto sfruttare nell’esperienza. Il concetto si basa su una dicotomia visto/invisibile: poiché le microplastiche sono invisibili all’occhio umano, passano inosservate nonostante abbiano un impatto reale sugli ecosistemi e sulla salute umana. “Plastic Air” consente agli spettatori di immaginare queste particelle come oggetti e vedere ciò che di solito non vediamo. Gli utenti possono far cadere oggetti identificabili come articoli per la casa e abbigliamento per “inquinare” il cielo, e poi vedere gli oggetti rompersi nell’aria. Possono anche regolare fattori come la posizione (città rispetto alle aree rurali) e le condizioni meteorologiche come vento, pioggia e neve per vedere come questi influenzano i modelli di dispersione. Facendo clic su ciascuna particella si scopre la sua composizione chimica e da quale oggetto domestico proviene forse originariamente (ad esempio, una tenda da doccia, un paraurti per auto, una borsa della spesa, una maglietta, ecc.). Suggerimenti come “Mangia qualche caramella”, “Ordina da asporto” e “Compra biancheria nuova” fanno sì che i corrispondenti oggetti di uso quotidiano vengano depositati nell’aria ed esplodano in particelle simili a coriandoli.
Le sue opere originalissime trasformano i dati complessi in rappresentazioni visive accessibili e coinvolgenti, permettendo al pubblico di comprendere meglio l’impatto delle attività umane sull’ambiente e la salute.
“I dati non sembrano connessi alla vita quotidiana, se li associamo ai numeri e agli algoritmi sembrano freddi e inumani. Esiste però un altro approccio, che ci porta a pensare che siano in realtà il filtro attraverso cui possiamo vedere il mondo”.