Elena Mazzi, per un arte tra antropologia e scienza
Scienza ed antropologia, botanica e sociologia si condensano in una produzione artistica eclettica eppure organica in cui l’esigenza di armonia con la natura passa attraverso il riconoscimento dell’importanza della comunità come unico vero nucleo di appartenenza dell’individuo.


di Vittorio Zenardi
Nelle sue opere Elena Mazzi reinterpreta il patrimonio culturale e naturale dei luoghi, intrecciando storie, fatti e fantasie tramandate dalle comunità locali, al fine di suggerire possibili soluzioni al conflitto uomo-natura-cultura. Il suo metodo di lavoro, in qualche modo antropologico, privilegia un approccio olistico volto a riparare le fratture che si verificano nella società.

Swim/Die/Swim, installation view at Ex Elettrofonica, 2024, photo Andrea Veneri
Swim / Die / Swi
La mostra site-specific, dal titolo Swim / Die / Swim, che si è appena conclusa alla galleria romana Ex Elettrofonica, consiste in un percorso appositamente pensato per lo spazio capitolino che esplora il rapporto tra uomo e ambiente, con un riferimento particolare allo scenario acquatico che l’artista propone ciclicamente sia nella sua forma naturale che artificiale. Le opere in mostra sono unite da un tema centrale: lo scheletro, che funge da elemento portante e struttura di supporto, permeando sia la ricerca artistica di Mazzi che la sua esperienza personale. Tra questi, infatti, i recuperi delle vertebre dei cetacei e lo studio delle spugne marine nel mare, fino all’esplorazione architettonica delle planimetrie delle piscine come luogo di riabilitazione e riflessione sulla percezione del corpo umano. In mostra sono presenti disegni, fotografie, oggetti scultorei e installazioni che prendono vita da questa ispirazione, combinando forme astratte e antropomorfe in una nuova configurazione espositiva che riflette il suo percorso artistico degli ultimi anni. Corpi animali abbandonati nel paesaggio si alternano a figure invisibili, creando un dialogo evocativo con le strutture scheletriche di cetacei e spugne, e trasmettendo storie di pratiche di cura legate all’acqua.

Elena Mazzi, Epimeleia, installation view at Artopia Gallery, Milano, 2024. Courtesy Artopia Gallery and the artist. Photo Matteo Pasin
Epimeleia
Nella mostra Epimelei che si è svolta ad aprile presso Artopia Gallery di Milano, scienza ed antropologia, botanica e sociologia si condensano in una produzione artistica eclettica eppure organica in cui l’esigenza di armonia con la natura passa attraverso il riconoscimento dell’importanza della comunità come unico vero nucleo di appartenenza dell’individuo. La Fondazione Creativi Italiani da sempre, si prefigge di contribuire sia a recuperare e valorizzare i “luoghi” presenti nel nostro Paese sia a indirizzare le reazioni alla globalizzazione, emergenti in Italia come in altri Paesi industrialmente avanzati, verso obiettivi coerenti con le nostre tradizioni e capacità creative, per un rinnovamento culturale che sappia sfruttare al meglio le opportunità positive offerte dalla globalizzazione e dalla digitalizzazione. Il titolo della mostra, Epimeleia,é una delle tre parole usate nella Grecia antica per definire la cura, indicante nello specifico “la cura che si prende la responsabilità dell’esistenza per farla fiorire”. Tutta l’idea nasce da un incidente: l’artista emiliana si frattura le vertebre della schiena, con la conseguenza di dover andare in Islanda per curarsi all’interno di piscine naturali in grado di alleviare e curare il dolore. Lì, sulle spiagge rocciose del luogo, scopre curiose vertebre di cetacei, documentate in mostra in un video. Da queste nascono still-life ironici in edizione limitata e “piscine immaginarie” sottoforma di sculture-gioiello – dal titolo Becoming with and unbecoming with – in cui i resti ossei in fusione d’argento dialogano con i volumi in vetro di Murano.

Becoming with and unbecoming with